… Arte, Fede, Storia e
Cultura
In posizione geografica
spettacolare dal punto di vista paesaggistico, quale superba
sentinella della Valle del Fiume Trigno, si erge su uno
sperone montagnoso, sulla cima del quale si raggruppano in
pittoresco disordine le case di Roccavivara, “
…ove respirasi bon’aria…”.
I primi insediamenti la fanno
risalire all’epoca pre-cristiana, come testimoniano alcuni
reperti archeologici rinvenuti: un’urna cineraria, una
moneta bronzea dell’VIII sec. a. C. e una moneta argentea
della campagna di Pirro.
Ai tempi dei Sanniti era
posta a confine tra le due tribù dei Frentani e dei
Pentri.
Più ricca è la testimonianza del
periodo romano che si evincono dalle due ville
rustiche rinvenute nel suo Agro e riportate alla luce
dalla Soprintendenza alle Belle Arti : una in contrada
San Fabiano ( che successivamente avrà anche un piccolo
Cenobio per i Monaci di Canneto quale residenza
estiva, ora totalmente distrutto ) e l’altra più importante e
consistente in contrada Canneto. Qui ha grande rilievo
artistico i resti di una villa del I sec. d.C., di
cui erano padroni alcune tra le famiglie patrizie del
Municipio romano Terventum ( l’attuale Trivento ) che
occuparono cariche prestigiose durante l’Impero. Molte
iscrizioni ricordano i Lucretii, i Numasii, i
Socellii e i Flavii ( alcune lapidi sono incorniciate
nella torre campanaria ). Gli scavi hanno riportato alla
luce diversi ambienti che conservano mosaici policromi
della pavimentazione ed alcuni contenitori ( dolii ) per
la conservazione dell’olio e del vino.
Anche il nome ha origini
antiche: era già un agglomerato urbano nel XIII sec. poichè
abbiamo un Diploma, datato 1268, in cui il Re Carlo I
d’Angiò concedeva a Gualtiero de Villers, suo milite
e familiare , quale ricompensa per fedeltà e servigi militari,
la Rocca Bonnarii, forse derivante dal suo
fondatore Bonnario o Rocca di Vivara, dal
nome di una contrada nei pressi ,detta Vivara, o
Roccavivarium, dal termine vivarium
corrispondente a magazzino o riserva di caccia. E solo nel tardo
Settecento acquistò il nome Roccavivara.
La prima storia di
Roccavivara s’intreccia con quella di Canneto.
La conversione al
Cristianesimo di questo abitato a Canneto fece
nascere la necessità di costruire una Chiesa che potesse
soddisfare alle esigenze del Culto ed in quei tempi di Chiese se
ne costruivano tante, incoraggiate dalla pace religiosa voluta e
ribadita nel Concilio di Efeso (431d.C.).
E la Chiesa di Canneto,
costruita sui ruderi romani e sannitici, come era
consuetudine, fu dedicata proprio alla Vergine Maria,
Madre di Dio, secondo il volere conciliare. Questo
Tempio e la devozione Mariana scandirono la vita
della christianitas nella Vallata sul Trigno e dei
secc. V-VII abbiamo una singolare testimonianza: l’ “Ultima
Cena “ , un bassorilievo ora conservato come
paliotto
dell’Altare Maggiore nella Chiesa attuale.
Purtroppo la prima furia
Longobarda non ha lasciato tracce della Chiesa in quanto
essa fu devastata dall’incendio ed abbandonata dai suoi
abitanti.
La prima notizia
storicamente accertata e documentata è contenuta in un
Diploma , datato 706, stilato da Gisulfo I,
Principe delle “genti Longobarde” e Duca di Benevento, che
concedeva ai cugini Paldo, Taso e Tato, ( i
quali nel frattempo avevano ristrutturato presso le sorgenti del
fiume Volturno nell’Alto Molise una Chiesa
dedicata a S. Vincenzo fondandovi un Monastero)
, tutte le Chiese distrutte e le poneva sotto la
giurisdizione del Monastero e tra queste la Chiesa di S.
Maria sul Trigno.
E a Canneto i Monaci
Vulturnensi ricostruirono una Chiesa con annesso un
Monastero che passò successivamente sotto la
giurisdizione dell’Abbazia di Montecassino ( poiché nel
881 l’orda Saracena aveva saccheggiato e distrutto il
Monastero di S. Vincenzo al Volturno e molto probabilmente
anche il Monastero di Canneto in quanto i Saraceni
sbarcati anche sulle coste adriatiche e tra Vasto e Termoli,
come attestano alcuni documenti, si siano addentrati
nell’entroterra risalendo con agili barche il corso del fiume
Trigno, allora navigabile almeno fino a Canneto – e ciò
spiegherebbe anche la presenza di una torre di difesa e di
vedetta sia a Canneto sia in Agro di Celenza sul Trigno, detta
Torre della Fara, a ridosso del fiume, a circa un
chilometro e mezzo da Canneto- ).
A Canneto sul Trigno con
i Monaci Vulturnensi dapprima (sec.VIII) e nei secc. XI –XIII
con i Monaci Cassinensi fioriva, come una mammola
oleozzante un Monastero Benedettino che godeva della
dignità e dei privilegi e dei diritti di una Abbazia
canonicamente costituita, tanto da avere un feudo di una
certa entità ( si ritiene tra l’altro anche l’inclusione dei
possedimenti del Monastero di S. Stephani ad Rivum
nei pressi di Casalbordino, dopo il terremoto del 1125
che lo distrusse e possedimenti nel Contado di Termoli ).
L’attuale Chiesa , di
stile romanica, è di epoca non superiore al 1100 e fu
fatta costruire dall’Abate Rainaldo. Lo si legge in
caratteri onciali sulla base della lunetta del portale (Abbas
Rainaldo 1042 o 1049 ).
I Monaci Benedettini,
fedeli al loro proposito di tramandare le vestigia
della civiltà antica ai posteri, hanno conservato tutto
il materiale di un certo valore artistico e storico rinvenuto
nella zona o appartenente alla Chiesa preesistente: per questo
troviamo inserite nella facciata e nei muri perimetrali esterni
raffigurazioni che riproducono motivi floreali, zooforme e
geometriche; lapidi funerarie dell’epoca romana incastonate nel
campanile; il paliotto dell’Altare Maggiore raffigurante l’ “Ultima
Cena “.
Nel 1223 fu costruito l’Ambone-Pulpito
sostenuto da tre archi, che sono tutti disuguali per larghezza
ed altezza e poggiano su quattro colonne coronate da capitelli
composti di stile romanico. Sotto il parapetto
dell’Ambone si aprono sette edicolette: nella centrale vi è una
colonna su cui poggiano gli artigli di un’aquila che doveva
sovrastarla e che doveva fungere, con le sue ali spiegate, da
leggio. A destra e a sinistra dell’edicoletta centrale si
aprono le altre sei nicchie, dalle quali si staccano in
altorilievo sei figure di Monaci che simboleggiano
e rappresentano in maniera plastica il motto benedettino
ora et labora.
Del 1400 è il grande Crocifisso
posto nell’Altare di sinistra ; la Statua
lignea e policroma della Madonna col Bambino: i loro
Volti si illuminano di un trepido e placido
sorriso; dell’arte pittorica quattrocentesca
( alcuni affermano del 1300) sono le due bellissime pale
attualmente poste a fianco della Madonna e facevano parte
certamente di un polittico andato perduto. Raffigurano
S. Caterina della Rota e S. Anastasia.
L’interno della
Chiesa è lunga m. 25 e larga m. 10,60. E’ divisa in tre
navate che terminano in tre graziose absidiole. La
navata destra è divisa dalla mediana per mezzo
di cinque colonne intere e di una mezza colonna. La
navata sinistra è divisa dalla mediana per
mezzo di quattro pilastri, di un mezzo pilastro e di una
colonna. Sui pilastri e le colonne s’innalzano sei archi. Le
colonne sono romane con capitelli romanici. Esse
dovevano appartenere ad antichi templi romani.
Nella navata centrale
sull’Altare Maggiore troneggia gloriosa la Statua della
Madonna col Bambino.
Affianco alla Chiesa si
erge imponente la torre campanaria, alta 25
metri, ai piedi dell’alto colle vestito di vigne e di oliveti,
su cui Roccavivara biancheggia e si immerge nelle
azzurre immensità del cielo. E’ un raro esempio di costruzione
di campanile che termina con merli, piuttosto che a tetto
o a piramide più o meno slanciata. Questo particolare fa
supporre che si tratti di una torre di difesa adattata a
campanile. Fu ultimata nel 1329 mentre era Abate
del Monastero, Nicola. Fu costruita su base
preesistente, ed è a tre sezioni: la prima è
ornata di monofore, di trifore la seconda e
la terza. Nel lato rivolto a mezzogiorno porta
incastonati due bellissimi leoni ( anche nella
facciata della Chiesa sono posti ) che i
Benedettini usavano porre ad indicare l’orientamento verso
l’Abbazia Madre di Montecassino.
I Monaci Benedettini
pregavano a Canneto per la felicità dei popoli, per
la pace dei cuori, per la fecondità e la ricchezza delle
campagne. E lavoravano la terra e la fecondavano dei loro
sudori e la terra si trasformava e si impreziosiva del loro
lavoro…intagliavano e mosaicizzavano il legno e il marmo e la
pietra…illuminavano la mente del popolo, consolavano i dolori,
svegliavano le speranze…Il Monastero di S. Maria di Canneto
era il centro dei cuori e delle anime degli abitanti dei due
versanti del Trigno…rifulgeva come un faro…era scuola per i
fanciulli, mensa per i poveri, asilo per i viandanti, rifugio
per i perseguitati, porto sicuro per i naufraghi della vita…
Poi la gloriosa Badia
andò in rovina…forse a causa di eventi calamitosi…forse per
l’incuria degli uomini…i Monaci avevano già abbandonati
le rive del Trigno e la Chiesa di S. Maria di Canneto
perdette gran parte della sua vita……Ma negli anni ’30…anche
questa sembra leggenda…venne un uomo…un sacerdote… Don
Duilio Lemme, Arciprete di Roccavivara… che seppe
infondere tanto entusiasmo ai Rocchesi e alle popolazioni
del Trigno… lottarono contro gli elementi naturali, li vinsero,
li dominarono, li assoggettarono…e il sogno di Don Duilio
si realizzò: un sapiente lavoro rimetteva in luce i pregi
della Chiesa, insigne d’architetture. E intanto sulla
terra sgombrata e su quella di riporto crescevano pini, aceri,
pioppi, abeti che ingentilivano e rendevano bella Canneto.
I successivi
lavori di restauro e di scavi archeologici degli anni ‘80-’90
compiuti dalla
Soprintendenza alle Belle Arti
di Campobasso,
l’appassionata dedizione dell’Associazione Turistica “ Pro
Canneto “ , dell’Amministrazione Comunale di Roccavivara,
guidata dal Prof. Gaspero Di Lisa e la vivissima
attenzione di Mons. Enzio D’Antonio
e Mons. Antonio
Valentini, già Pastori della Chiesa Triventina e
l’accorata partecipazione del popolo, che con la loro nobile
fatica, tessuta di tanti stenti han ridato splendore a un faro
di devozione per le genti dell’Abruzzo e del
Molise e per i cultori della bellezza artistica ha
segnato una nuova meta ai loro pellegrinaggi.
Roccavivara
in alto, Canneto in basso.
Ma Canneto è stato e sarà
sempre il gioiello smagliante e ammaliante del territorio di
Roccavivara. E tale è la vocazione e la tenacia che effonde
l’attuale Amministrazione Comunale, guidata dal Geom. Franco
Antenucci e dal V. Sindaco, Sig. Nicola Di Lisa nel
favorire una più diffusa promozione e valorizzazione
socio-culturale dell’ambiente, anche in ambiti più diversi al di
fuori dei confini regionali …e l’anelito pastorale di Sua Ecc.za
Mons. Domenico Angelo Scotti nel trasfondere amorevolezza
e divulgazione della fede e del clima spirituale di questo
suggestivo angoletto molisano. La dedizione e l’impegno
delle Suore Francescane della Carità nella cura e il
decoro della Chiesa e del Santuario e la dolcezza paziente,
prodiga e assidua dei Monaci dell’Istituto del Verbo
Incarnato sono punti di riferimento per il “pellegrino” teso
a rimettere in moto il senso della propria vita.
Doverosa e significativa per la
storia del Santuario l’affiliazione alla
Patriarcale Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, dono
del Card. Francis Bernard Law.
Roccavivara
vive, dunque, da sempre in continua connessione con la propria
eredità storico-culturale-religiosa, come abbiamo cercato di
raccontare, con il Santuario di S. Maria del Canneto,
considerato esempio unico di arte romanica.
L’elevato pregio delle
risorse di Roccavivara impegna a valorizzare e a far
conoscere il territorio oltre i confini regionali con
l’intento di rinsaldare e scolpire nel tempo la storia,
l’arte, l’ambiente e le tradizioni popolari,
oltre ad incoraggiare un flusso turistico che abbia
radici e rapporti di connessione anche con l’agricoltura
( è considerevole l’inserimento tra le “città dell’olio
“ ).
I modelli comportamentali ed ideologici del passato
vengono riproposte nel presente
attraverso le tradizioni, le quali sono mantenute
vive nel corso degli anni, rappresentando un bene culturale
prezioso ed utile a conservare il senso di una appartenenza
territoriale.
Molto particolare e sentita è la
festività di San Giuseppe del 19 marzo, in cui
molte famiglie di Roccavivara preparano il Pasto
di San Giuseppe che viene offerto a tre
persone: “ lu Vicchie, la Vecchie e l’Angelille “
che rappresentano la “ Sacra Famiglia “. Il Pasto
è composto di tredici pietanze: antipasto con fette
d’arancia e zucchero, spaghetti al sugo di baccalà,
riso al sugo di baccalà, baccalà al sugo,
baccalà al forno con la mollica di pane, ceci,
fagioli, verdura, insalata mista, olive,
finocchi, frutta, dolci tipici locali (
pashtarelle, turcenille, gnòcche e cille
). La vigilia della festa le famiglie che fanno il
Pasto portano in Chiesa un canestro contenente
quattro pagnotte insieme ai dolci e alle focacce per una solenne
benedizione da donare poi ai rappresentanti della
Sacra Famiglia e il resto da consumare a tavola. La
Solennità è ripetuta al 1° maggio, stessi
preparativi ma le pietanze sono a base di carne.
Qualcuno dà questa spiegazione: nel passato questa doppia data
di preparazione serviva sostanzialmente a distinguere il ceto
sociale di appartenenza delle famiglie, infatti il 1° maggio
erano soprattutto le famiglie più agiate della Comunità a
preparare il tradizionale banchetto. A me piace aggiungere:
probabilmente in tempi più antichi,ove regnava la povertà, per
magnanimità o per generosità o per carità evangelica ( mi piace
pensare questo! ) le pochissime famiglie ricche di
Roccavivara hanno ritenuto opportuno offrire il “ pane a
chi soffre quaggiù “. E quando se non il giorno che la
Chiesa ha consacrato a San Giuseppe, il Servo
Umilissimo? Per un giorno i ricchi si
mettono al servizio dei più poveri: servi dei servi più
umili!
E da qui nasce e si sviluppa nel
tempo l’idea di invitare “… a mensa solo tre per
rappresentare la famiglia di Gesù… “.
Un’altra tradizione a cui
i Rocchesi sono fortemente legati è “ L’
sagn’ d’ la Madonn’ “ o anche detta “
L’ verginell’ “ , che rievoca la devozione
religiosa nei confronti della Vergine di Canneto. Si
invitano sette bambine ( le verginell’ ) e una
persona adulta ( la Vecchie che idealmente rappresenta
la Madonna ) a scendere a piedi al Santuario di S.
Maria del Canneto ( a volte anche presso il Santuario
della Madonna del Carmine nella vicina Palmoli – CH- ) e a
pregare per la famiglia che “ manda l’ sagn’ “. E
mentre fan ritorno, sempre cantando inni alla Madonna
alternando preghiere, nella casa della famiglia, con
l’aiuto di alcune massaie ( anch’esse invitate ) si preparano
l’ sagn’ al sugo di pomodoro e l’ sagn’ con
l’aceto che saranno servite in tavola alla vecchie e
alle verginell’ . Poi si distribuisce a chi viene con un
contenitore ( praticamente a tutti! ) perché l’assaggio
delle due pietanze è devozione!
E’ una particolarità così
sentita che l’Amministrazione Comunale ha voluto
inserirla nelle feste di agosto ( il 1° ) per trasmettere ai
turisti che vengono a trascorrere lieti momenti di gioia,
l’intensità e la sacralità di tale singolare pratica
religiosa.
Evento suggestivo è la
sfilata delle traglie, riproposta ogni
anno il 5 agosto in occasione dei festeggiamenti in
onore del Santo Patrono, Sant’Emidio. Antica
tradizione che rievoca la sfilata dei carri addobbati di
grano e trainati da animali. Quando i carri giungono
all’Are de Sande Middie (= Aia di Sant’ Emidio ), la zona
più alta del paese, venivano svuotati ed il grano veniva
trebbiato e donato alla Chiesa. Il carro più addobbato
veniva premiato. Dopo la trebbiatura seguiva un
sostanzioso assaggio dei prodotti tipici locali
innaffiati da un buon vino.
La cucina Rocchese
offre prodotti semplici e genuini fatta di sapori provenienti
dalla tradizione contadina. I salumi locali e le
profumate pietanze preparate con legumi, paste
fatte in casa, verdure, funghi, tartufi e
teneri carni arrosto, condite con l’ottimo olio
extravergine d’oliva locale, regalano al palato prelibatezze
succulenti e squisite.
Tra le varie tradizioni
locali, a Roccavivara è storicamente documentata la
lavorazione del merletto, della
tela e dei ricami : il
punto intaglio, l’uncinetto filet, l’uncinetto
filet a ferro pieno, il filet su tessuto ed i
lavori a telaio. L’arte del ricamo è
tramandato da madre in figlia, sin dalla tenera età. Ogni
giovane ragazza, con molta dedizione, prepara la dodd’
(= dote) che, prima del matrimonio è esposta ed ammirata da
tutta la Comunità.
Negli ultimi anni il Comune
di Roccavivara si è impegnato a valorizzare, attraverso un nesso inscindibile, le emergenze storiche ed
artistiche con quelle ambientali. Ha individuato
alcune aree comunali ( paesaggi e cornici
naturalistici meravigliosi: località “Montagna” con
il Lago Ivalso, località “Fonte della Fica” con
il Mulino Vecchio, ecc.) potenzialmente vocate
per attività di turismo e didattica ambientale.
Questa panoramica su
Roccavivara vuole essere un invito per un viaggio e non è
stata pensata solamente per aprire gli occhi, ma anche
per rendere sperimentabili tutte le gustose sfumature
dell’area
storica, culturale, artigianale e
gastronomica di cui Roccavivara è ricco.
Roccavivara,
il Santuario di Santa Maria di Canneto e la Valle del
Trigno possono offrire una vacanza a dimensione
uomo, dove arte e natura sono ineguagliabili.
Nicola Di Blasio
Citazioni storiche, ambientali,
religiose, artistiche-archeologiche:
-
Che t’accùnde.
Ricerca sulle Tradizioni Popolari di Roccavivara, a cura
della III E e dei Professori della Scuola Media di Roccavivara
(Cb), Dialetto/Ediz. Enne, Campobasso, 1999;
-
Roccavivara…ambiente,
arte, cultura e tradizioni, a cura dell’Amministrazione
Comunale di Roccavivara (Cb) e di Marco Maio, Tipilitografia
Lampo, Campobasso, 2005;
-
NICOLA DI BLASIO,
Santa Maria di Canneto. Un bene culturale molisano, Edizioni
Cannarsa, Vasto (Ch), dic. 2007.
|